





Classico
Linguistico
Articolo di Agata Losi.
Decido di intervistare mia mamma, comodamente seduta sul divano di casa, riguardo la sua adolescenza.
Comincio l’intervista chiedendole come si svolgevano le sue giornate e quante ore dedicava allo studio. Lei, mi guarda e mi sorride e accavallando le gambe comincia a raccontare. Mi dice che le sue giornate non erano poi tanto diverse da quelle dei ragazzi moderni: anche lei si alzava molto presto alla mattina, prendeva il pullman e andava a scuola per cinque ore, anche al sabato. Al ritorno da scuola, dopo pranzo, iniziava a studiare e per la maggior parte delle volte lo studio si prolungava anche dopo cena. Quando non doveva studiare però di sera amava guardare i film in televisione.
Continuo chiedendole come si divertivano i ragazzi della loro età. Lei subito mi guarda e accompagna la sua risposta con una serie di risate… Mi racconta che in inverno molto spesso i ragazzi, nel suo piccolo paese, si ritrovavano nel campo da basket, situato vicino all’attuale piscina del paese, per giocare a pallavolo. In estate, invece, i ragazzi andavano tutti al fiume, per prendere il sole e fare lunghe nuotate, ascoltando la musica dal Walkman.
Proseguo domandandole se a questo punto della sua vita, i suoi obbiettivi si sono realizzati. Lei subito mi guarda quasi imbarazzata e mi risponde con un enorme sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi, forse a causa della domanda inaspettata… Mi dice che tutti i suoi obbiettivi e i suoi sogni si sono realizzati. Frequentare il liceo, laurearsi e avere una famiglia sono sempre stati i suoi più grandi sogni e fortunatamente tutti e tre si sono avverati. Mi spiega anche che tutti i lavori che da piccola sognava di praticare sono sempre stati secondari rispetto a quelli citati precedentemente.
Come quarta domanda le chiedo qual è stato il primo mezzo tecnologico che ha utilizzato da adolescente. Lei sorridendomi e schiarendosi la voce mi racconta che il suo primo mezzo tecnologico è stato il Walkman, un antenato dell’attuale ipod e gesticolando con le mani mi spiega un po’ com’era fatto e come funzionava.
Concludo l’intervista domandandole se si ricorda quali mode erano diffuse negli anni 80. Lei con una smorfia sul volto mi risponde che ai suoi tempi il termine “vegano” non esisteva, se mai era in uso il termine “vegetariano”, per le persone che volevano dimagrire. Poi, ridendo, aggiunge, che parlando di moda la prima cosa che le viene in mente sono i cosiddetti “paninari”, ovvero i ragazzi che indossavano jeans attillati, bomber e che si cotonavano i capelli.
Articolo di Mattia Gandolfi, 1° Lg D
Ieri ho posto una serie di domande a mia madre riguardanti la sua adolescenza ed alcune mi hanno davvero stupito….
Com’ era la tua giornata tipo?
Mentre mi guarda, sorridendo, ripensa all’ adolescenza, facendo un tuffo all’ indietro con la mente e mi racconta la sua routine: sveglia alle 6 e poi a scuola in treno; tronata a casa mangiava e, terminati i compiti, usciva con le amiche per andare al cinema o a fare shopping. Rientrava attorno alle 6, si lavava, cenava e dopo aver guardato la tv andava a letto.
Come vi divertivate?
Prima di rispondere mi fa nottare che i passatempi del tempo erano diversi da quelli odierni e che se volevi divertirti veramente bisognava uscire di casa. Ad esempio , lei , andava in discoteca alla domenica pomeriggio o al cinema, andavano a fare shopping o ascoltavano la musica
Come ti vedevi nel futuro?
Sorride e, rivivendo forse quel sogno in questo momento mi racconta della sua ambizione di diventare barman in un famoso locale newyorkese o su una nave da crociera. Barman la è diventata, il trasferimento rimane però (per ora?) un sogno
Qual è stato il primo mezzo tecnologico con cui sei entrata in contatto?
Ci pensa un po’su, guardando il mio smartphone nero appoggiato sul tavolo. Mi racconta del walkman, un lettore musicale e dei primi videogame che regalò a suo fratello. Mi racconta inoltre che, un’invenzione innovativa fu il telefono fisso con il tastierino invece che con la rotella. Per scrivere non c’erano i pc ma la macchina da scrivere o il fax.
Articolo di Linda Anelli, 2° Lg A
Il sole splende – stranamente – sui tetti di Piacenza e, appena tornata a casa da scuola, decido di fare il compito che mi hanno assegnato per il giorno seguente: fare un’intervista. Non un compito facile, certo, soprattutto per chi la deve “subire”. Decido di intervistare mio padre, nonostante non sembri particolarmente in forma, ma so che non si tirerà indietro.
Prima domanda ed è subito euforia: “come era la tua giornata tipo, papà?” dico con fare quasi intimidatorio, classico degli giornalisti di testate giornalistiche di gossip. Il mio vecchio, seduto a gambe incrociate sul divano di casa, risponde di getto, senza riflettere un attimo. La sua giornata era divisa in due parti: la mattina, che si passava sempre a scuola, e il pomeriggio che, quando la campanella non lo richiamava sui banchi per il rientro pomeridiano, passava a studiare (poco) ma soprattutto si recava presso il mitico oratorio del Corpus Domini per una partitella a calcio insieme ai suoi amici.
Un silenzio sembra pervadere la stanza, ma fortunatamente la tv in sottofondo funge da radio e le canzoni hanno la meglio sul quasi imbarazzo creato. Finito di appuntare le ultime cose, parto con la seconda domanda, che riguarda l’impiego del tempo libero. Mentre cerca di sistemarsi meglio sul divano, pensa alla risposta, e dopo qualche istante dichiara che si recava alla società sportiva Libertas per giocare a calcio ma, come anche già citato in precedenza, i suoi svaghi erano concentrati soprattutto presso l’oratorio dove si giocava e si passava semplicemente del tempo insieme.
La terza domanda invece è questa: “quando eri adolescente, come ti vedevi nel futuro? Avevi qualche sogno nel cassetto? Si è realizzato?” dico. “A dir la verità non avevo molto tempo per pensare al futuro, sono andato a lavorare quando ho compiuto i 16 anni e da lì in poi non mi sono più fermato.” Cerco di andargli un po’ sotto, escogitando metodi per farmi dire qualcosa di più, perché non è possibile che un ragazzo di 16 anni non abbia sogni nel cassetto. Ancora una volta il silenzio si mette tra di noi, ma poi la sua voce decisa mi dice: “A dir la verità sì, avevo un sogno, diventare un calciatore, ma sapevo benissimo che era un’utopia: ero convinto che non sarei mai diventato uno dei signori del calcio che si vedono al giorno d’oggi in tv”. So benissimo che non mi dirà mai tutta la verità, perché forse di qualche sogno aveva vergogna; proprio per questo motivo gli ricordo del suo sogno nel cassetto che amo, fare il giornalista sportivo. “Ah, beh, sì, un altro sogno era diventare un giornalista sportivo, così avrei unito due mie passioni: lo sport e la scrittura”.
A riportarci alla realtà è mia madre questa volta, che entra di volata dalla porta di casa per portare la spesa in frigo. Passo così alla quarta ed ultima domanda: “Qual è stato il primo oggetto elettronico che hai usato?”. “Indubbiamente la televisione, e poi logicamente la radio”, mi dice mio padre. “E poi mi ero affezionato moltissimo a un videogioco sul calcio, di cui non ricordo il nome però; era molto innovativo per l’epoca: luci e suonerie molto all’avanguardia” prosegue sorridendomi. Continua spiegandomi che non era più grande del suo portafoglio, che nel frattempo mi mostra orgoglioso come se fosse veramente quel game boy, ma che adorava comunque.
Una voce dalla cucina chiama il nome di mio padre: è ora di andare ad aiutare la donna di casa a mettere a posto la spesa.
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