L’idea di intervistare Giulio Giorello nasce dalla curiosità che suscita la sua esperienza di studi. Infatti, il professor Giorello, docente di Filosofia della scienza presso l’Università degli Studi di Milano e direttore della collana Scienza e idee, presso l’editore Raffaello Cortina di Milano, si è laureato prima in filosofia nel 1968 e successivamente in matematica nel 1971, presso la stessa Università. La tematica può essere interessante per gli studenti che, come me, si sono trovati a studiare sia l’una che l’altra materia e che non sono riusciti a vedere al di là dei limiti imposti da ciascuna delle due discipline. Basta con le presentazioni, passiamo ai fatti: lasciamo la parola all’esperto.
Innanzi tutto, filosofia e matematica, spesso, appaiono distinte e slegate, talvolta anche nell’insegnamento nelle scuole. La sua esperienza personale, tuttavia, dimostra il contrario. Cosa ne pensa di questa considerazione e cosa della relazione tra le due discipline?
Non è sempre stato così, nel senso che ci sono stati momenti in cui matematica e filosofia sono andate insieme. Sarà un ricordo dei manuali, ma il primo filosofo per tradizione è lo stesso Talete, che è considerato uno dei più grandi matematici dell’antica Grecia. Poi abbiamo Pitagora ed i Pitagorici, Platone e la cosa non viene meno con la nascita del mondo moderno, cui appartiene uno dei filosofi più rappresentativi nel bene e nel male: René Descartes, che è matematico e filosofo insieme. Ora, siamo sicuri di poter dire con certezza dove finisce il matematico e dove inizia il filosofo? Nei suoi saggi scientifici, Cartesio è matematico, ma nell’introduzione è più filosofo. Potremmo citare anche Galileo, Newton, Leibniz, Spinoza, Pascal. È anche vero che le due discipline si sono in seguito separate, anche dal punto di vista istituzionale, ma anche in momenti di grande svolta ed inquietudine filosofica, la matematica è stata vista come un grande banco di prova per le idee dei filosofi. Specialmente nel Novecento, basta pensare ad una figura come Lord Bertrand Russell per capire come la matematica sia un riferimento continuo per la pratica filosofica, non l’unico ovviamente. Io, poi, insegnando filosofia della scienza, ho sempre pensato che fosse importante avere una mano nella pratica scientifica, ed ho usato la matematica per allenare la mia mano. Altri possono avere un contatto maggiore con la fisica, anche quella più empirica, più sperimentale, oppure con la biologia, qualcun altro con la chimica. Non è, dunque, così sicuro che la filosofia decolli dalle scienze e se le dimentichi.
Giorello più filosofo o più matematico?
Più filosofo, nel senso che, banalmente, insegno in un dipartimento di filosofia, anche se ho fatto e qualche volta faccio ancora lezioni a fisici, matematici, ingegneri e medici. Inoltre, un conto è parlare di laureati in matematica o di persone che hanno una buona conoscenza della materia, un altro è parlare di matematici che contribuiscono alla crescita della materia vera e propria. I matematici professionisti fanno i teoremi e risolvono i grandi problemi. Io, invece, mi limito a studiarli dall’esterno, non dall’interno e per questo mi sento più legato al dibattito filosofico.
Dall’alto della sua esperienza, si sente di dare un’opinione sul Festival del Diritto rispetto ad altre manifestazioni a cui ha partecipato?
La grande affluenza di persone a questi convegni è dovuto, credo, al fatto che questi festival, in qualche modo, stanno rispondendo ad un bisogno di cultura ed educazione civica della popolazione, che normalmente non viene fornito né dai media più tradizionali, né, in certi casi, dall’università o dagli istituti superiori, nei quali c’è la tendenza ad arroccarsi nel proprio specialismo. Nel festival c’è un vedersi faccia a faccia che conta moltissimo, c’è un’occasione democratica per il pubblico, una possibilità di uscir fuori da luoghi intimorenti. Dicendola alla greca: riprendiamoci l’”agorà”, visto che la filosofia è nata proprio nelle piazze, come attività non singolare, ma collettiva, come dialogo. Esempio illustre è quello di Socrate con i cittadini di Atene. Anche quando la filosofia, tuttavia, diventa forma più solitaria, in realtà è sempre una meditazione sulla società, sulle relazioni. Il festival, oltre ad essere uno strumento di riunificazione di un luogo pubblico, che è la piazza, appunto, porta con sé anche il piacere di mescolare le carte, di interessarsi di qualcosa di generale senza rientrare nelle specifiche facoltà. Come diceva il mio maestro Karl Popper: “noi non siamo studiosi di discipline, noi siamo studiosi di problemi”. Il problema può iniziare in una disciplina e finire in un’altra. A maggior ragione, trattandosi di un festival sul diritto, questa tematica si inserisce perfettamente in un paese in cui, se posso dirla tutta, vi sono tante leggi e ben poco senso del diritto. In un paese in cui c’è poco senso della legalità, in cui bisogna riacquistare il vero senso del valore positivo del diritto, l’iniziativa di questo festival è molto importante, ben venga un festival del diritto.
Alessandro Rossi