Questo grande villaggio Olimpico

Cosa c’è di più attuale dei conflitti religiosi? Cosa ci tocca più da vicino di ciò? Pare bizzarro, forse, ma il 18,1% degli studenti, nelle scuole piacentine, proviene da un Paese estero. Ciò significa che alle spalle di questi studenti, lo fa notare il sindaco di Piacenza Paolo Dosi, c’è una famiglia, una persona che lavora, una casa. Si è parlato di questo, ovvero della conflittualità che può sorgere nel territorio locale, ad esempio con la richiesta di una moschea da parte di alcuni gruppi islamici, sabato pomeriggio a Palazzo Gotico. A confronto la realtà di Piacenza, rappresentata dal suo sindaco Paolo Dosi, e quella di Cremona, anch’essa testimoniata dal suo primo cittadino Oreste Perri, entrambe arricchite dal contributo di Antonio Ghizzonti, docente di diritto ecclesiastico e canonico all’Università Cattolica di Piacenza. I tre, moderati dal giornalista di Radio 3 Giorgio Zanchini, hanno sviluppato il tema della conflittualità religiosa portando ad esempio alcune tra le più importanti delle proprie esperienze personali.

“Innanzi tutto – spiega Dosi – il dovere dell’amministratore locale è quello di prendere le decisioni verso una convenienza sociale”. “Non si può negare – continua Dosi – un luogo di culto come la moschea all’islam”. Poi svela un particolare “Sono stato invitato ad una cena dalla comunità islamica per la fine del Ramadan. Sono andato con mia moglie, ho visto come si impegnano per dare sostentamento ai poveri, come la stessa Caritas fa, come si occupano dei loro concittadini meno fortunati”.

“Quando si diventa sindaco, lo si è per tutti e non solamente per una parte minoritaria della città – così esordisce il primo cittadino di Cremona, Oreste Perri – io vengo dallo sport e vorrei che il mondo diventasse un grande villaggio olimpico”. “Il primo problema è quello della lingua – continua Perri – per questo a Cremona è stato creato un libro dei servizi tradotto in quattro lingue diverse (italiano, arabo, cinese e cirillico, ndr) per accogliere i cittadini di altri paesi e farli sentire a proprio agio. L’Imam a Natale ci ha regalato la traduzione italiana del Corano e abbiamo ideato un tavolo interreligioso che ci ha aiutato a creare quella fiducia tra le comunità e la giunta comunale, che ha proprio il compito di assicurare le condizioni di convivenza. Bisogna avere una capacità di accettazione, stando ovviamente nei confini delle regole”.

“D’altra parte il vero problema – spiega Antonio Chizzonti – è che l’Italia è passata da essere terra di emigrazione, per cui vi erano enti che si occupavano di tutelare i diritti del cittadino italiano all’estero, a gettonata terra di immigrazione”. Inoltre, il professore fa chiarezza su uno dei punti fondamentali del dibattito: la sicurezza “Il nocciolo della questione è che si guarda al nazionale, all’internazionale e non si osserva ciò che succede qua vicino, nel nostro territorio. L’andare oltre il territorio crea una paura verso i gruppi di etnie differenti dalle nostre, che in realtà non esisterebbe nel locale”. “Penso, quindi, che Piacenza e Cremona siano due esempi positivi di relazione tra i gruppi religiosi, perché il comune ha saputo essere mediatore sociale tra le diversità presenti sul territorio.”

Infine, l’intervento della Professoressa Lucia Rocchi, consigliere comunale e responsabile del Gruppo Ecumenico diocesano, ha messo in luce, tramite la sua esperienza, quella che è la vera e propria difficoltà nel rapporto tra religioni differenti: il dialogo. “Spesso si fa fatica – dice Lucia Rocchi – a dialogare tra cattolici, figuriamoci tra cattolici ed ortodossi” La risposta del professore è cinica: “È vero che si possono presentare delle difficoltà, ma, anche se è difficile, è importante imparare ad ascoltare prima di parlare”.

L’esortazione è quindi quella di cercare di valutare bene la situazione prima di generalizzare, perché molto spesso il terrore creato dai conflitti religiosi non deriva dal locale, bensì da luoghi lontani. Ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma, come per costruire un grattacielo si parte dal primo mattoncino, o ancor prima dalle sue fondamenta, così ognuno di noi dovrebbe essere più aperto verso un’accoglienza ormai sempre più necessaria, per contribuire all’innalzamento del mastodontico grattacielo di nome Terra.

Alessandro Rossi

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